lunedì 22 febbraio 2010

La bellezza imperfetta delle cose

Leggevo stamattina, nell'ultimo numero di Area, sul design e sull'estetica della sparizione, dove "le cose devono la loro esistenza al fatto che scompaiono, come un'immagine sullo schermo". Perdendo il ritmo lento della rivelazione delle cose abbiamo perso un senso in favore di un altro. Leggevo della bellezza imperfetta delle cose, temporanea e incompleta e del design che si fa liquido, dove forma e funzione non sono più determinate ma capaci di adeguarsi, trasformarsi. Ho pensato che fossero cose su cui riflettere un poco.

Libri sul comodino

"Qualunque cosa succeda" di Umberto Ambrosoli, perchè in questo periodo provo un bisogno urgente di persone perbene, modelli positivi.
"Il tempo invecchia in fretta" di Antonio Tabucchi, perchè Tabucchi è sempre Tabucchi, una buona scrittura, riconoscibile e fredda.
"Follia? Vita di Vincent van Gogh" di G. Bruno Guerri, perchè le biografie di artisti mi riempiono sempre di meraviglia, anche quando sono, e lo sono spesso, dolorose.

La discesa infinita

Vincent van Gogh definì la sua vita come " la discesa infinita ". E' una bellissima definizione.
(incipit del saggio: Follia? Vita di Vincent van Gogh, G. Bruno Guerri, Bompiani)

lunedì 8 febbraio 2010

PRESS PREVIEW

Alla press preview gli oratori passano gran parte del tempo a farsi pubbliche dichiarazioni, non tanto di stima, che sarebbe più comprensibile, ma di amicizia,
come se il fatto che ci sia dell'amicizia tra di loro bastasse come garanzia di eccezionalità ai presenti.
L'altra mattina in Triennale, uno di loro si rivolgeva ad un altro ripetendo "il mio amico fraterno" , "il mio fratello di sangue", tanto preso dall'emozione della sua stessa epopea da non capire più che "il mio fratello di sangue" è come dire fratello-fratello. Si chiamano per nome, salutano pubblicamente quello del loro gruppo non seduto al tavolo degli oratori (questa volta no ma c'era senz'altro la scorsa e ci sarà senz'altro la prossima -ormai ho capito come funziona-), dicendo, sorridenti e benevoli, "vedo anche il caro amico Fulvio tra il pubblico", per sollecitarlo a qualche intervento acclamante, penso, o per un dovuto tributo all'escluso di turno.
Finita la presentazione, si scambiano grandi pacche sulle spalle con gli amici fraterni della prima fila; la voce è sempre un po' alta quando si raccontano gli imminenti progetti e gli incontri fortuiti con altri amici fraterni.
Dovrebbero poi accompagnare il pubblico nella visita della mostra ma invece si trattengono troppo a lungo l'un l'altro, elogiando le proprie gesta. Il pubblico si disperde, sentendosi di troppo. La mostra però è interessante e ben fatta e loro sono pure bravi, non potrebbe bastare questo?